Carrie

di Stephen King

Ho finito Carrie settimana scorsa ma, come vi accennavo, sono stata occupata per lavoro e riesco a pubblicarvi la recensione solo ora.

Carrie non è la solita storia di Stephen King, mi verrebbe da dire che sia l’esatto contrario.

Il Re, negli altri romanzi, ci ha abituati ad avere paura di ciò che non riusciamo a spiegarci: vampiri, pagliacci, hotel impregnati di male.

In questo caso invece , nonostante la presenza del sovrannaturale, è l’uomo a terrorizzare.

L’indifferenza dell’uomo( nel migliore dei casi) ma anche la violenza, gli abusi, la discriminazione.

La storia di Carrie ci viene narrata, o meglio la scopriamo, grazie ad una serie di testimonianze, articoli di giornale e verbali di interrogatori.

Carrie è una liceale solitaria, bullizzata perché diversa, perché non ha avuto la fortuna di diventare la ragazza popolare delle tipiche scuole americane. Nessuno si chiede se Carrie abbia qualcosa da dire, non interessa a nessuno!

Carrie è una reietta e non c’è possibilità di riscatto sociale per lei…

Ma Carrie ha capacità psicocinetiche…

È un aspetto importante dell’America quello che King porta allo scoperto in questo libro, l’ipocrisia di un paese che si presenta come una grande democrazia quando, invece, a vincere è sempre la gerarchia del più forte contro il più debole.

Il più popolare contro la ragazza solitaria e impopolare, il ricco contro il povero, chi ha un lavoro e una buona assicurazione sanitaria e chi guadagna poco ed è costretto a morire se sia ammala, il bianco con distintivo che soffoca con un ginocchio il nero che lo supplica di risparmiarlo.

Un’America in cui purtroppo il più potente tende a passarla liscia, in cui alcuni provano a rimediare ma hanno poca voce contro il silenzio di tutti gli indifferenti, così che gli ultimi saranno sempre più ultimi ed i potenti saranno sempre più legittimati a stare dove stanno, anche con le mani sporche di sangue.

Ma purtroppo non è solo l’America ad essere colpevole, pensate a Patrick Zaky, a Giulio Regeni, a Stefano Cucchi, a Federico Aldrovandi… in America, forse, è solo più evidente.

Ieri purtroppo ho visto quel terribile video sulla morte di George Floyd e non ho potuto non ricollegarlo a questa storia.

Non vi consiglio di vederlo, mi sono sentita come se stessi contribuendo anche io alla violazione della dignità di quell’uomo.

Ma non credete anche voi sia importante informarsi e sopratutto non stare in silenzio, prendere posizione, parlare per una minoranza, anche quando non ne facciamo parte… a maggior ragione se non ne facciamo parte?

Spero di riuscire a tornare presto con un po’ più di costanza… mi manca poter leggere tanto!

Vi ricordo che potete trovarmi su Instagram come the_black_cat_books!

A presto,

G

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